Quando l’articolazione dell’anca si danneggia, determinando dolore costante e limitazioni funzionali crescenti, la protesi è la soluzione ideale per ritornare a svolgere le attività quotidiane. Ma che cosa prevede l’intervento? A chi è consigliato? per dare una risposta concreta a queste domande scopriamo l’opinione del dott. Carmine Naccari Carlizzi sulle protesi dell’anca.
L’anca: cos’è e che cosa ne provoca l’alterazione
L’anca è sicuramente una delle articolazioni più rilevanti che si trovano nel corpo umano. Consente di camminare, ma anche di correre. Infatti, sopporta egregiamente il peso del corpo e la forza esercitata costantemente dai muscoli. Questa articolazione è formata da femore ed osso iliaco. Quest’ultimo presenta una struttura concava denominata acetabolo, che forma una sorta di tasca all’interno della quale si inserisce il femore.
Le superfici dell’acetabolo e della testa del femore sono ricoperte di cartilagine articolare, un tessuto liscio che consente alle estremità delle ossa di muoversi con estrema facilità. Non bisogna dimenticare che l’articolazione dell’anca è coperta da dalla membrana sinoviale, la quale produce una piccola quantità di liquido che permette di mantenere lubrificata la cartilagine, evitando qualunque tipo di attrito durante i movimenti.
La testa del femore viene mantenuta legata all’acetabolo grazie alla presenza di legamenti. Si tratta di fasci di tessuto in grado di garantire un’elevata stabilità. Di norma, tutti questi elementi lavorano in perfetta armonia, tuttavia un infortunio o il sopraggiungere di una malattia possono causare delle alterazioni. Particolarmente deleterie per l’anca sono l’osteoartrosi, l’artrite reumatoide, la necrosi avascolare, la malattia di Paget, la lussazione congenita dell’anca ed i tumori ossei.
Intervento di protesi d’anca: quando è consigliato
Di norma, quando viene appurata la presenza di un’alterazione in corrispondenza dell’anca non si ricorre immediatamente ad un intervento chirurgico. Di fatto, si procede in primis con un trattamento conservativo, che prevede l’impiego di antidolorifici ed il ricorso ad una specifica riabilitazione, nonché alla fisioterapia. Tuttavia, se la situazione è critica e non sono previsti margini di miglioramento, è necessario propendere per l’operazione. Infatti, solo in questo modo il paziente può sperare di riprendere le normali attività quotidiane.
La scelta della protesi, che è un dispositivo medico in grado di sostituire del tutto o in parte l’articolazione danneggiata, deve essere attuata dal chirurgo, a seconda delle problematiche riscontrare. Nello specifico si parla di endoprotesi, come ricorda il Dott. Naccari Carlizzi, Ortopedico e Specialista in Medicina dello Sport, in caso di impianti che sostituiscono solo la parte femorale, e di artoprotesi quando vanno a sostituire anche la parte acetabolare.
In questa categoria rientrano anche le protesi cementate, che sono difficili da rimuovere, e quelle non cementate, che possono essere a pressione, ad espansione o avvitate. Ѐ bene specificare che le protesi si differenziano anche in base all’uso. Infatti, esistono le protesi di primo impianto e le protesi di revisione, usate per sostituire una precedente articolazione artificiale. Questi dispositivi medici possono essere realizzati con materiali differenti, tra cui leghe di metallo, ceramica e polietilene, che possono essere combinati in vario modo tra di loro, per comporre lo stelo, il collo e la cupola della protesi.
Chirurgia protesica dell’anca: la procedura prevista
Prima dell’intervento il chirurgo decide la protesi da impiantare nel paziente, tenendo conto delle caratteristiche dell’osso, delle richieste funzionali e dell’età. Inoltre, viene eseguita una lastra radiografica in proiezione anteroposteriore di bacino, in modo da valutare fin da subito la misura da impiantare. Una volta che il paziente è stato sottoposto ad anestesia e posizionato sul lettino, viene attuato un taglio in corrispondenza dell’anca, in modo da raggiungere agevolmente l’articolazione.
Una volta effettuata anche questa operazione viene asportata la parte di anca danneggiata e viene sostituita con la protesi selezionata. Terminato l’intervento, il paziente viene sottoposto a profilassi antitromboembolica con eparina, che viene portata avanti fino a quando non è in grado di camminare in maniera autonoma.
Tuttavia, vengono utilizzate anche calze elastiche e dispositivi intermittenti disposti in corrispondenza del letto. Già a partire dalla terza giornata il paziente può iniziare a muoversi con l’ausilio di un carrello deambulatore e successivamente grazie a delle stampelle. Dopo qualche giorno viene orientato verso una struttura riabilitativa, in modo da attuare tutto il necessario per recuperare al meglio la forma fisica, momentaneamente perduta.